Verosimilmente domani (in un primo momento si parlava di sabato o di oggi), prima dell’edizione serale del TG, il Presidente del Consiglio parlerà alla Nazione a reti unificate e, oltre ad annunciare gli interventi economici a sostegno di famiglie e imprese, esporrà i termini della c.d. “fase 2” con particolare riguardo alle nuove misure di contenimento e di prevenzione dei rischi di contagio in vista della ripartenza. Si tratterà, quasi certamente, di un disperato spot propagandistico rivolto ad una popolazione stremata, fisicamente e mentalmente, dalle preoccupazioni e dalle pesanti privazioni di libertà, un tentativo di manipolazione mentale che, ahinoi, non servirà a chiarire, soprattutto agli operatori economici e agli amministratori locali, cosa accadrà, fin dove ci si potrà spingere, cosa si dovrà fare se qualcosa dovesse andare storto. A voler sintetizzare, quanto all’aspetto che più da vicino ci interessa, non si darà risposta al banalissimo quesito: turismo sì o turismo no? Un interrogativo che, nella migliore delle ipotesi, utilizzando il politichese irrorato da burocratese, verrà maliziosamente aggirato perché non si avrà il coraggio di assumere la responsabilità di una scelta ben definita. Com’é stato autorevolmente affermato, al momento, non esiste una strada giusta ed una sbagliata per risolvere l’emergenza e solo retrospettivamente si potrà dire chi ha preso la direzione migliore ma tale incertezza non esime chi, per ruolo, ha il dovere di farlo, dal decidere dopo aver ponderato la questione con gli strumenti che liberamente e responsabilmente ha facoltà di utilizzare. Temo fortemente che, ancora una volta, tale opportuno atteggiamento non entrerà in scena e che, colpevolmente, si tenderà al galleggiamento irresponsabile, si metterà la testa sotto la sabbia, si abdicherà al ruolo di guida, che compete, e non sarà esercitata la piena responsabilità di governo attraverso un’unica linea, chiara e ben definita, giusta o sbagliata che sia.
Le notizie che iniziano a circolare, le assurde misure timidamente prospettate dalle varie task force governative apostrofate come “idiote” (cit. Michael O’Leary, bossi di Raynair) sono indicative di quanto si brancoli nel buio. Effettivamente, tali congetture mancano di una prospettiva a 360 gradi e di una contestualizzazione. Mi spiego, metropolitana/treni per pendolari: i protocolli di sicurezza ipotizzano un riempimento dei vagoni nella misura del 15% rispetto al passato, quindi, se prima venivano trasportate 500 persone, ora ne verranno mosse appena 75 ed anche a supporre un calo della domanda del servizio nella misura del 50%, avremo che, ad ogni corsa, ben 175 passeggeri rimarranno in attesa e continueranno a crescere via via in modo esponenziale. Domanda: in quali opportuni spazi stazionerà quella residuale marea umana? Non mi soffermo sugli altri interrogativi che riguardano i costi, atteso che basterà metterci i soldi (fintanto che ci sono) ed il problema sarà apparentemente risolto, per non parlare poi dei tempi: a che ora dovremmo uscire di casa per arrivare ad un appuntamento piuttosto che al lavoro?
Superfluo rilevare come la mancanza di chiare indicazioni e il fumoso clima d’incertezza, oltre ad essere i peggiori nemici dei mercati, quindi dell’economia, siano un pericolo per la nostra salute mentale, ne é prova il moltiplicarsi di autorevoli studi che si soffermano sui danni che le misure repressive, adottate dal Governo e dalle Regioni, ed applicate rigidamente, prescindendo dal buon senso, hanno già prodotto sul benessere psicologico dell’Italia. Danni incalcolabili che, col passare del tempo, emergeranno in tutta la loro drammaticità: violenza domestica su donne e bambini (miglia di bambini che non possono chiedere aiuto!), stress da isolamento, depressione, alcolismo, sono solo alcuni esempi del disastro di cui si discuterà al termine di questa pagina buia della nostra democrazia. Il virus non é ascrivibile a responsabilità che ci coinvolgono immediatamente ma non possiamo non rammaricarci della nostra debolezza nel regolare la congiuntura. L’Italia è in chiaro stato confusionale, e la nomina di decine di task force, che si delegittimano a vicenda, oltre ad evidenziare l’inattitudine ad affrontare la crisi, ricorda, a pensar male, i tempi della prima repubblica quando si nominavano le commissioni d’inchiesta per insabbiare un caso, perdere tempo e non affrontare la realtà.
Riassumendo: il mio sfogo di Sindaco appalesa preoccupazioni e timori per questo clima di incertezza cagionato dall’assenza di un autentico, coraggioso e forte leader che tracci la strada; ben volentieri avrei voluto appoggiarmi ad una guida sicura e non essere costretto, a fronte della “mia” città, colpita da un fendente mortale, ad improvvisare e a dire la mia da una prospettiva e con l’ausilio di mezzi decisamente minori rispetto a quelli di un premier.
Sto iniziando, quindi, costretto, ad ipotizzare quelle che potrebbero essere le risposte del Comune di Tropea alle evidenti problematiche connesse al turismo e all’impellente necessità di tutelare la salute mentale e fisica dei cittadini, nel caso in cui il governo continuasse a sottrarsi colpevolmente ai suoi legittimi doveri e ai conseguenti provvedimenti decisionali.
Confido e auspico che, da qui al 4 maggio, si riesca a fare chiarezza e ad assumere coraggiosamente le responsabilità dovute, anche se il celeberrimo adagio di manzoniana memoria: “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare” mi riporta, dolorosamente, con i piedi per terra.
Giovanni Macrì (Sindaco di Tropea)
26 aprile 2020