Salute

Calabria “zona rossa”: analisi comparativa Italia – Calabria dell’evoluzione della pandemia da Covid 19

Scritto da Giovanni Persia

Pochi semplici consigli per il nuovo Commissario alla Sanità della Regione Calabria

Premessa

Il combinato disposto tra il c.d. Decreto Calabria e il dpcm del 3 novembre 2020 ha di fatto prorogato la gestione commissariale della Sanità calabrese e contestualmente ha stabilito per la Calabria l’inserimento in “zona rossa”, quella con le maggiori restrizioni, unica regione del Sud Italia. Le recenti dimissioni del Commissario Cotticelli da Commissario alla Sanità, dovute alla mancata realizzazione di un piano pandemico regionale ha posto l’attenzione su questo aspetto; il Governo ha motivato la scelta della zona rossa in Calabria sulla base di ben 21 indicatori, ma in molti è sorto il dubbio di una scelta punitiva di tipo politico. Sorge allora il problema di capire su quali basi formulare un piano pandemico e quali indicatori prendere in considerazione, utilizzando modelli matematici che possano definire i possibili scenari e prendere decisioni in base a quello peggiore (analisi del caso peggiore). Quello che segue è un esempio di modellizzazione (modelling) del Sistema che descrive l’evoluzione della pandemia.

 

Un esempio di modello matematico

Per capire l’evoluzione di un sistema stocastico come questo (non deterministico, ossia, semplificando, la sua evoluzione è determinata da parametri di tipo statistico, e non tramite parametri fissi) si è fatto ricorso ad estrapolazioni di curve in base ai dati, nazionali e regionali, forniti dalla Protezione Civile. La curva per cui si è effettuata questa estrapolazione è quella dei contagiati attivi, il modello migliore si è ottenuto con una curva Gaussiana.

Estrapolazione Gaussiana prima ondata Italia

Estrapolazione Gaussiana prima ondata Calabria

Come è possibile notare, il modello ha seguito bene l’andamento del Sistema della prima ondata, tranne nella parte iniziale quando il numero dei tamponi era estremamente ridotto (in Italia anche nella parte finale, poiché dopo le aperture di maggio 2020 la curva ha smesso di diminuire). Dall’analisi delle figure precedenti si può notare come con molta probabilità ci fossero dei casi di Covid 19 già da fine dicembre, primi di gennaio. È stato possibile stimare, con un ridotto margine di errore, sia l’arrivo del picco che la data (il 19 aprile per entrambe le curve); come è possibile utilizzare questi dati per la stesura di un piano pandemico?

 

Analisi attuale

Utilizzando la stessa curva, modificando ovviamente i parametri, gli scenari che si stanno delineando sono i seguenti.

Estrapolazione Gaussiana seconda ondata Italia

Estrapolazione Gaussiana seconda ondata Calabria

Come è possibile notare, la situazione prevista è molto peggiore rispetto alla prima ondata (bisogna però considerare che inizialmente, il numero di tamponi effettuati era estremamente basso) in termini relativi però si nota come il picco previsto sia 50 volte superiore rispetto a quello della prima ondata in Italia, mentre in Calabria “solo” 12 volte. Da considerare inoltre, che la situazione è estremamente fluida e in continua evoluzione, e bisogna attendere ancora qualche giorno per vedere gli effetti prodotti dai vari dpcm che si sono susseguiti; in entrambi i casi si è riscontrato un forte aumento della curva intorno ai primi giorni di ottobre, a causa, probabilmente, dell’apertura delle scuole con milioni di studenti, docenti e personale ATA che giornalmente si muovevano nella maggior parte dei casi con mezzi di trasporto pubblici, non rispettando loro malgrado le norme sul distanziamento sociale.

Tuttavia dall’analisi emerge con chiarezza come la situazione prevista in Calabria sia decisamente migliore. Come utilizzare allora queste informazioni?

Attualmente il tasso di ospedalizzati (ricoverati con sintomi ed in terapia intensiva) si è stabilizzato intorno al 5% al 7 novembre, sia in Italia (5,21%) che in Calabria, dove è leggermente migliore (5,07%) mentre la percentuale di pazienti in terapia intensiva rispetto ai contagiati attivi si attesta intorno allo 0,49% in Italia e allo 0,33% in Calabria.

Se questi numeri non dovessero variare, al picco (caso peggiore) si avrebbero in Italia circa 280000 ricoverati per Covid, di cui 26000 persone ricoverate in terapia intensiva; considerato che il numero di queste ultime è attualmente di circa 10000, il sistema sanitario andrebbe in forte sofferenza.

Pazienti in terapia intensiva – Italia

% di pazienti in terapia intensiva rispetto ai contagiati attivi – Italia

Migliore la situazione in Calabria, dove al picco sarebbero previsti circa 507 ricoverati, di cui 33 in terapia intensiva. Volendo adeguare la situazione calabrese a quella italiana, stimando intorno allo 0,50% la percentuale di pazienti in terapia intensiva rispetto ai contagiati attivi si otterrebbe un numero pari a 50, doppio rispetto a quello della prima ondata ma che dovrebbe essere gestibile, dato che la disponibilità di posti “dovrebbe” essere di circa 150 posti. Poiché la situazione è ancora fluida e in continua evoluzione, data la disponibilità di risorse stanziate dal Governo per far fronte all’emergenza, sarebbe però opportuno incrementare ulteriormente il numero di posti in terapia intensiva e subintensiva, almeno del doppio, per fronteggiare un’eventuale recrudescenza del virus.

Pazienti in terapia intensiva – Calabria

% pazienti in terapia intensiva rispetto ai contagiati attivi – Calabria

La situazione è migliore in Calabria per quanto riguarda il tasso di letalità (percentuale di decessi in rapporto al numero di persone che hanno contratto il Covid) è del 1,91% contro il 4,55% in Italia e il 2,52% a livello mondiale. Tali tassi in Italia ed in Calabria sono tuttavia ancora in discesa, presumibilmente non dovrebbero discostarsi molto da quanto emerso dall’indagine di sieroprevalenza sul SARS-CoV-2 condotta da Istat e Ministero della Salute da maggio a luglio 2020, da cui si evince un tasso di letalità del 2,5% in Italia, pari circa alla media mondiale. Se i numeri dovessero essere questi, al picco potrebbero esserci circa 135000 decessi in Italia e circa 190 in Calabria (scenario con tasso di letalità rispettivamente del 2,5% e 1,9%).

Deceduti Italia

Deceduti Calabria

La situazione in Calabria è migliore anche rispetto al tasso di positività dei tamponi, che è un indice dell’andamento della pandemia.

Numero tamponi e % tamponi positivi – Italia

Numero tamponi e % tamponi positivi – Calabria

La situazione risulta peggiore in Calabria rispetto al parametro R0 (o Rt se si tiene conto solo dei sintomatici e delle misure di contrasto intraprese) ovvero “il numero di riproduzione di base che rappresenta il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile cioè mai venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente. Questo parametro misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva. Nell’analisi si è usato una stima di R0 (per ricavare Rt servono parametri di difficile reperimento) dal modello SIR di Kermack e McKendrick; tale stima, ottenuta in base ai dati forniti giornalmente dalla Protezione Civile, è da ritenersi indicativa ai fini della valutazione dell’andamento della pandemia.

R0 Italia

R0 Calabria

C’è da tener presente, per quest’ultimo parametro, il fatto che è fortemente condizionato dal numero di tamponi effettuato per verificare la guarigione dei pazienti dal Covid. Il dato del 3 novembre in Calabria, 225 guariti, risulta un’anomalia, così come il numero dei pazienti in terapia intensiva che nello stesso giorno sono passati da 26 a 10. Nel complesso l’indice di trasmissibilità risulta molto più elevato in Calabria rispetto alla media italiana, anche se è prevedibile un aumento giornaliero dei guariti nel breve periodo, che dovrebbe comportare una diminuzione anche di R0.

 

Conclusioni

Con questo articolo si è voluto mostrare un semplice modello matematico dell’andamento della pandemia, da cui è possibile stimare ad esempio il numero dei contagiati attivi, dei ricoverati con sintomi e dei pazienti in terapia intensiva (ossia i parametri da monitorare nel corso di un’emergenza per evitare il collasso di un sistema sanitario) nel caso peggiore. Sulla base di questi dati si dovrebbero modulare gli interventi (aumento di posti letto nei reparti di malattia infettiva, terapia intensiva e sub intensiva, creazione di Covid hotel per l’isolamento dei pazienti, ecc…) da parte dell’autorità sanitaria. Dall’analisi è possibile desumere come la situazione, a parere dello scrivente, non sia tale da giustificare l’inserimento della Calabria nella c.d. “zona rossa”, e sembrerebbe più un’azione punitiva per una Regione già fragile dal punto di vista economico e sanitario, che un’azione di contrasto per la pandemia.

Sarebbe più efficace l’attuazione di misure meno stringenti, come per la zona gialla, per gli operatori economici già provati dalla prima ondata (apertura dei negozi fino ad una determinata ora e poi il coprifuoco) mantenendo, lo dico a malincuore da docente per il quale il lavoro si è più che triplicato, la DAD per ogni scuola di ordine e grado (si è visto come l’apertura delle scuole abbia inciso non poco sulla diffusione del virus) cercando in questo modo di diminuire il numero di persone in strada e di conseguenza il numero di interazioni “efficaci”, ossia quelle che generano un contagio, e allo stesso modo salvaguardando almeno in parte l’economia e i posti di lavoro.

Si ribadisce ulteriormente che la situazione è in continua evoluzione, e andrebbe monitorata giornalmente per adeguare i modelli. Occorrerebbe inoltre prevedere in Calabria un aumento di posti letto nei reparti di malattie infettive e di terapia intensiva e subintensiva, arrivando, se possibile, ad un raddoppio di tali posti, riaprendo ospedali e reparti chiusi da più di un decennio di tagli e provvedendo all’assunzione in massa di personale sanitario per gestirli (sarebbe opportuno potenziare anche i presidi di medicina generale e territoriale).

Ultima considerazione, sul commissariamento della Sanità calabrese: gestioni che prevedono solo tagli di spesa e di conseguenza di posti letto e dei livelli minimi di prestazioni/assistenza (Lep/Lea) senza in alcun modo migliorare la situazione dei pazienti, comporta per i cittadini calabresi il farsi curare in strutture fuori regione, soprattutto del nord Italia, con costi aggiuntivi molto elevati per la Regione Calabria. Questo aumenta ancora di più il deficit della sanità calabrese, innescando un circolo vizioso che fa sì che questo deficit non venga mai ripianato e finirà per arricchire ulteriormente la sanità di alcune Regioni, come la Lombardia, dove si dirige prevalentemente il “turismo sanitario” calabrese.

Semplificando, si potrebbe dire che i calabresi (ma si può estendere a tutti i meridionali) sovvenzionano le cliniche di lusso settentrionali. A pagare però sono sempre e in ogni caso i cittadini calabresi (e meridionali).

Chi è l'autore

Giovanni Persia

L'ignegner Giovanni Persia è docente ordinario di Elettronica ed Elettrotecnica in ruolo presso l'Istituto Tecnico Settore Tecnologico Ercolino Scalfaro di Catanzaro.

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