Noto con piacere che molti amministratori, Presidenti di Regione in testa, iniziano a spingere, con convinzione, sul pedale della ripartenza. L’idea che non solo di coronavirus, in maniera diretta, si possa morire comincia a fare breccia in una sempre più vasta platea di attori di questa crisi e ad impensierire anche i più accaniti sostenitori della chiusura totale dell’Italia in nome del dogma: “la salute prima di tutto”.
Effettivamente, inizia ad avere sempre maggiore credito l’ovvia (evidentemente non per tutti) e corretta considerazione che quello di salute è un concetto molto complesso dipendendo, oltre che dal fattore sanitario in senso stretto, anche da quello economico – perché si soffre anche di fame e di stenti – e da quello sociale – per l’altrettanta scontata considerazione che si patisce anche per gli squilibri comunitari e per la conseguente violenza che scaturisce facilmente dalla privazione dei beni primari. Violenza, esatto, una violenza difficilmente gestibile, provocata indirettamente dal maledetto COVID-19, che attenta alle fondamenta della società, con il rischio, tutt’altro che remoto, di una compromissione delle regole più elementari della convivenza civile. Per fare un esempio spicciolo: se vengo rapinato, e magari ferito o addirittura ucciso, per strada da un disperato che non sa più cosa dare da mangiare ai propri figli, la mia morte, le mie ferite o le mie semplici sofferenze psichiche saranno formalmente differenti dai danni primariamente cagionati dal Coronavirus ma sostanzialmente, quanto agli esiti, poco cambia.
Oltre a questi fattori, noti da tempo, ma colpevolmente elusi dai soloni che gestiscono la crisi, v’è un altra componente della salute che inizia a preoccupare molto: la sanità mentale. Da Sindaco ricevo decine di telefonate di persone sull’orlo di una crisi di nervi, telefonate e messaggi preoccupanti che denotano un’apprensione e un disagio psicofisico tali da poter sfociare in gesti inconsulti. Credo che questa mia personale e sofferta esperienza possa essere confermata da tantissimi altri Sindaci e da chi svolge ruoli di riferimento per la comunità.
Si tratta di un forte campanello d’allarme che, sommato alle altre, note, pericolosissime criticità, non può più essere eluso. L’essere umano è un animale sociale e questo forzato distanziamento, incompatibile con la sua natura, non potrà essere sopportato ancora per molto.
Per queste ragioni, da Sindaco schierato da tempi non sospetti su tali posizioni impopolari, ma che oggi iniziano a guadagnare importanti condivisioni, ribadisco ancora una volta, e oggi con maggiore forza, la necessità di ripartire, con le dovute cautele, ma senza indugiare oltre. Limitatamente al fronte economico sarà necessario attivarsi da subito autorizzando, per esempio, i titolari di attività commerciali – dagli stabilimenti balneari (ottima l’apertura della Regione Calabria), ai negozi, ai bar, ai ristoranti… – ad effettuare i necessari interventi per rendere fruibili ed operativi i propri esercizi. Non dimentichiamo che occorreranno giorni, per non dire settimane, per riaprire e che, nell’oggi, necessita tempo per riappropriarsi della propria vita e di quelle che erano, fino a qualche mese fa, banalissime abitudini come andare al mare, sedersi ad un bar, cenare al ristorante, recarsi al cinema. Un tempestivo e ponderato riavvio consentirà, naturalmente e senza imposizioni, di gestire la ripartenza senza rischi di assembramento.
E allora, siccome ce ne vorrà per eliminare dalla nostra mente lo spettro del COVID-19 e per riappropriarci delle nostre consuetudini, accantoniamo il lusso di perdere dell’altro tempo, #Agiamotempestivamente
Concludo riportando un monito: «La salute mentale va preservata come quella fisica…riaprire sarà più difficile di quanto lo sia stato chiudere». (Anders Tegnell, capo della task force svedese).